Dance is sharing // uno

Primo post dell'anno.
L'idea è di trasformare questo blog, che ho usato poco negli ultimi mesi perché nn riuscivo a trovarne la vera "missione", in un luogo dove condividere i miei pensieri e le mie esperienze sulla danza.
Chi mi conosce di persona e soprattutto i miei allievi sanno bene che per me insegnare, creare, coreografare è "mettersi al servizio" di qualcosa di più grande e cercare di diffondere conoscenze a prescindere da me.


C'è un aspetto del mondo della danza in Italia che mi ha inizialmente affascinata, poi fatta arrabbiare, delusa e da cui fortunatamente sono riuscita ad uscire degnamente senza lesioni gravi, che è quello della grande chiusura nei confronti dell'altro e delle altre realtà.
O dentro o fuori. Conosco insegnanti che proibiscono ad allievi di frequentare stage e lezioni con altri, di prendere lezioni in più scuole andando a cercare i maestri validi che magari, sfortunatamente, non sono concentrati tutti nella stessa struttura. Conosco danzatori, colleghi per me, che difficilmente salutano a lezione perché non sei esattamente accettato perché forse sei arrivato per ultimo o perché non sei esattamente in "linea" con l'abbigliamento che va per la maggiore a quella lezione. Non sono nemmeno vegana, reato abbastanza grave, ad oggi, nella scena della danza contemporanea e teatro-danza.
Contrariamente a tutto quello che sento e vedo, io non appartengo a nessuna "famiglia" della danza e ho intrapreso da sola il mio cammino di ricerca. Questo mi permette e mi ha sempre permesso di scegliere a che lezioni andare, chi frequentare, cosa vedere teatro e non chiudere le porte della conoscenza e della collaborazione. Lavoro in progetti ovviamente anche per mesi, ma sempre cercando di guardarmi intorno, di non chiudere gli orizzonti.
Arrivata ad una certa esperienza per quanto riguarda le difficoltà di relazione sociale che riscontro nella danza, ammetto di essermi chiusa anche io, montando sulla schiena una corazza e rifiutando tutto quello che mi infastidisce di questo "allure" che i danzatori si portano dietro.
Dopo mesi di ritiro ho iniziato ad accorgermi che forse stavo esattamente rientrando nel meccanismo, di mettersi sul cucuzzolo e guardare gli altri dall'alto. Ammetto di aver pensato di cambiare lavoro, di ritirarmi dall'ambiente, di smettere completamente di danzare.
Sbagliato.
La mia opera deve essere "dal basso", come quello che faccio quotidianamente in sala quando insegno. Persone che si avvicinano alla danza per ragioni diverse, perché affascinati dal movimento, per intuizione, per narcisismo, per mettersi in forma, per imparare a conoscere il proprio corpo: accetto e prendo per mano qualsiasi essere umano che decida di conoscere il "mio" mondo, che abbia la curiosità di capire come funziona il complessissimo universo del movimento.
Il piccolo (numericamente) popolo che gravita intorno a me è educato quotidianamente alla condivisione delle esperienze e alla collaborazione: allieve meritevoli che vengono "esportate" in progetti con altre scuole e compagnie non da me dirette; artisti e collaboratori messi insieme per progetti e poi salutati nel momento in cui qualcuno va a vivere altrove o ha un'occasione migliore.
Tutti liberi di dire "si" o "no" in un momento o nell'altro. Tutti liberi di andare e venire, pur che vi sia un progetto alla base e un obiettivo da perseguire. Sono gli "altri" che contribuiscono alla stesura del mio metodo, sono tutte le persone che incontro ad essere la mia fonte di ispirazione e di ricerca.
Questa grande apertura in cui io credo fermamente sicuramente non sarà giusta per tutti ma sicuramente ha due caratteristiche fondamentali: è una piccola rivoluzione rispetto all'atteggiamento della maggioranza e, soprattutto, ha il potere di avvicinare persone diverse con energie diverse ed esperienze di vario genere che costituiscono una grande ricchezza, poiché la danza di oggi ha il dovere di avvicinarsi al pubblico e non terrorizzarlo, non farlo sentire incompetente o inadeguato. Maggiori sono i linguaggi, più ampia sarà la fruibilità.
Il mio consiglio di oggi e il succo di queste mie riflessioni è quello di non affezionarsi troppo, di non pensare che un metodo sia assolutamente giusto o assolutamente sbagliato, ci sono elementi buoni e non in tutte le discipline ed essi vanno vissuti e rielaborati in una forma intelligente e vissuta.
Se volete conoscere la danza nella sue forme più pure iscrivetevi a seminari diversi, cercando in primis la conoscenza del corpo e del movimento. Ci sono tante cose che si possono fare per conoscere il corpo che non sono per forza "classi di danza" o stage per raccattare soldi, che non lasciano traccia se non nello spazio di quelle due ore.
La danza è, purtroppo, anche un terreno fertile per il lancio delle mode (come ha detto un mio caro amico) ...bisognerebbe cercare di non caderci dentro, ma solo per evitare di perdere di vista l'obiettivo. Vedo danzatori talmente presi dal loro personaggio, dal loro "possedere qualcosa di più" dei "comuni mortali", che spesso mi fanno tenerezza.
Cercate la vostra specificità e non andate a danza tanto per fare. Cercate un obiettivo e perseguitelo, restando sempre disponibili al cambiamento!

Buon nuovo anno #danceissharing

V.

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