"I movimenti di gruppo sulla scena ricordano in qualche modo le nuvole che si spostano, rotte dal rullare dei tuoni o dai raggi di sole." (R. Laban)
Quali sono i principi cardine dell'arte del movimento? Come posso dire "la mia" attraverso la danza? Se danzare è narrazione, lavoro espressivo, sforzo comunicativo... se devo "parlare" tramite il movimento... Come faccio?
Questa è una delle domande che mi vengono fatte più spesso dai miei allievi. Con la testa piena di informazioni, passi, regole, codici spaziali e organizzativi come posso ancora trovare me stesso e addirittura essere tanto potente da poterlo anche trasmettere agli altri sul palco, o a lezione durante lo studio?
La questione è ovviamente tutt'altro che semplice e certamente non ha una sola risposta. Tante forme di danza "pura" come la classica si fanno forti grazie alle storie che narrano, alla divisione in ruoli e personaggi, a storie conosciute ed è l'estetica ad avere la meglio rispetto alla narrazione che per "patto" con il pubblico è già molto chiara, come succede nell'opera lirica.
Diverso è l'impatto espressivo e narrativo nella danza contemporanea che fa sempre più della "s-tecnica" la propria bandiera e dello smantellamento dei codici la propria missione.
La ricerca espressiva del movimento parte, per quello he mi riguarda, da una sorta di "sottotesto" e da un principale studio su carta della tematica da affrontare, dalla stesura di appunti e idee o immagini da cui iniziare a creare. A partire da qui, iniziamo dunque a cercare i principi cardine di quello che vogliamo dire, del significato che vorremmo esprimere attraverso il corpo.
Dovremmo iniziare a procedere per tentativi, scegliendo ad esempio, che tipo di "atteggiamento" assumere nei confronti dello spazio e della dinamica: "compiacenza, tolleranza, indulgenza, controllo, resistenza, contenimento nei confronti dei fattori come peso, spazio e tempo" (R. Laban)
Questa fase laboratoriale è un continuo dialogo tra forze ed idee provenienti dalla mente e le regole puramente fisico-scientifiche che dominano l'intera nostra vita, come la forza di gravità, le leve e la meccanica del corpo umano.
Credo che per la stesura di un piccolo assolo o di una sequenza personale le prime scelte da fare siano sull'uso dello spazio, sulle direzioni da prendere, scegliere se essere a terra, e dove essere nello spazio. Nulla dovrebbe essere casuale e dovreste essere in grado di rispondere a qualsiasi domanda a riguardo delle vostre scelte (perché questa musica? perché parti di schiena anziché en face? perché lavori a terra anziché in piedi?), buttare passi a caso potrebbe essere un inizio per prendere confidenza con il lavoro, ma dovete essere anche pronti a rivedere, a togliere, variare, senza affezionarvi troppo alla prima fase di montaggio e costruzione.
Individuata una prima partitura di orientamenti spaziali e di movimenti un altro aspetto fondamentale è sicuramente quella della "qualità di movimento". Cosa significa? Spiegato a livelli elementari è la qualità che scegliamo di dare ai nostri movimenti; nei bambini insegno a essere "pesanti", "leggeri", "friabili", "liquidi", "burattini" o come "serpenti", per spiegare loro la differenza tra una qualità e l'altra... dovrei iniziare a farlo anche con gli adulti, è davvero divertente!
Ogni coreografo e compagnia di certo livello ovviamente ha fatto una scelta riguardo alla qualità di movimento delle proprie opere e dei propri danzatori, trovando così la propria "cifra stilistica" e segno distintivo.
Ma venendo a noi, che siamo alle prime armi, il consiglio che prendo da Laban è che "la forza espressiva di un gesto è data dalla qualità di movimento [...] l'azione esteriore è subordinata all'emozione interiore."
Per riuscire ad arrivare fino a qui, ovviamente il cammino è lungo e tortuoso, a volte estremamente frustrante e a volte appagante. La prima cosa a cui dedicarsi è ovviamente la coscienza del corpo e imparare a conoscersi bene, a conoscere l'effetto del peso ed avere controllo del proprio incedere nello spazio. Ma un consiglio che vi do è quello di procedere sempre pari passo studio del movimento, con ragionamento, uso dell'intelletto e della mente, uso dell'immaginazione senza perdersi in voli pindarici che non vi portano da nessuna parte. Bisognerebbe cercare di essere più autentici possibili, prendendo esempio dall'arte teatrale, che ci prende, rapisce, emoziona quando gli attori sono veri, uguali a noi, fragili e potenti. Non pensate che fare danza contemporanea sia muoversi a casaccio facendo cose strane su un palco. Anche se certe realtà stanno provando (e riuscendo) a ridurla ad uno "lo famo strano per forza perché è figo che nessuno ci capisca, ma non ci capiamo manco noi", tantissime persone di rilievo hanno dedicato la propria vita a capire quanto potente possa essere un corpo anche in assenza di parola.
Sentitevi liberi di fare piccoli esperimenti, di sbagliare e di non essere soddisfatti, prendete appunti sulle idee che vi vengono e cercate di giudicare il meno possibile il vostro lavoro in corso d'opera.
Prendete il tempo che serve e siate coraggiosi!
Buona danza!
V.
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