Volevo fare la ballerina

Nei momenti di sconforto che capitano a tutti nelle vicissitudini del proprio mestiere, accade che ci si faccia numerose domande sul senso di quello che stiamo facendo. Le domande si intrecciano con i flashback. Rivedere fotogrammi del nostro passato, gli snodi fondamentali e i momenti in cui abbiamo preso decisioni, una volta per tutte, è utile per rivivere le emozioni delle nostre scelte.
Noi che siamo nati nella parte “privilegiata” del mondo, ci possiamo anche permettere il lusso di scegliere cosa fare nella vita.
Non sono mai e dico mai stata una dalla filosofia “segui i tuoi sogni e diventa ciò che vuoi essere”, ammiro e rispetto chi ci crede e chi riesce a trovare la forza di credere nei propri sogni. Io sono troppo razionale per crederlo, nonostante sia cresciuta con film che dimostrano il contrario, penso che le cose si ottengono più facilmente per culo, condizioni di partenza (soldi) e una bella dose di talento unita alla concretezza e la strategia.


La mia scelta di diventare una danzatrice di professione è sicuramente stata determinata dall’innamoramento per la pratica della danza. Il rito che la caratterizza non ha eguali, secondo me. Il fascino di indossare i collant ogni volta prima di lezione, l’odore della licra, le prime scarpe da punta, l’attesa di sapere quale ruolo ci sarà riservato, imparare a dare il meglio e pretendere di più dal proprio corpo.
La famosa frase che spesso echeggia sui social “non posso, ho danza!” con il trascorrere del tempo diventa uno stile di vita. Un rifugio sicuro, perché il luogo da raggiungere è sempre la Scuola di danza, la sala è la nostra casa, dove ci si sente a proprio agio, compresi e accolti.
La lezione non è mai per i pigri ed una cosa è certa: il desiderio più profondo che abbiamo è quello di entrare nel cuore del nostro Maestro/a. Non vi sono strade per farci amare se non quello di dare tutto e di più, non fare assenze, di iniziare a modellare il nostro essere in base al desiderio di qualcun altro.
Ecco in arrivo la prima fregatura! La danza ci sbatte violentemente nel tunnel della perfezione senza via di fuga. Il giudizio severo verso noi stessi inizia a bussare alla nostra porta anche nei momenti in cui non ce lo aspettiamo.
Mi sono sorpresa molte volte nel cuore della notte sdraiata nel letto con i piedi stesi o con un retiré ben aperto, nella completa inconsapevolezza del sonno.
Il timing si fa più sostenuto, più vogliamo che diventi la nostra professione, più sappiamo di avere poco tempo. Nella danza il tempo stringe: il corpo va plasmato finché è fresco, acerbo, giovane. I bandi per lavorare sono tutti "under 35". Bisogna fare in fretta.
Nella vita di un aspirante danzatore ci sono anche motivi di godimento: ci si sente parte di un popolo di eletti; chi sceglie questa vita è una persona speciale, ci si sente stanchi ma bravi, sudati e preziosi, custodi-portatori di un’arte che solo chi la fa sa capire e comprendere fino in fondo.
La Scuola professionale diventa contemporaneamente il nostro peggiore incubo e il più amabile paese delle meraviglie.
Si condivide con i compagni qualcosa che va oltre la tecnica, lo stile di vita comune rafforza la relazione, soprattutto quando ci si trova a “soffrire insieme”. 
Ci guardiamo intorno tra conoscenze e Maestri, iniziamo a tracciare le carte geografiche del nostro futuro lavoro. Nelle Scuole spesso si diventa radicali: quello che ci è stato tramandato diventa un "must", il gusto dei maestri diventa immancabilmente il nostro e l’identità artistica sviluppata affonda le radici nel pensiero creativo degli artisti che amiamo di più.
Fino a qui tutto bene. Ci siamo, non si torna più indietro. Con le difficoltà di tutti, la perenne ansia che l’investimento non sia stato quello giusto e che il punto interrogativo sul nostro futuro si faccia sempre più grande. Sono una danzatrice diplomata con il voto più alto della classe, insieme a poche altre. Sono sicura di meritarlo, ho dato tutto.
Ora arriva il bello.Il bello è oggi, quando un po’stanca delle tante esperienze che mi hanno resa felice, gratificata, rafforzata, fatta innamorare di "Altro" rispetto alla sola danza, mi chiedo cosa ne è del lavoro che desideravo.
Nulla nel trascorrere dei giorni somiglia alle giornate che sognavo, quelle che mi ero immaginata fin da ragazzina. 
Nella mia proiezione del futuro non avevo considerato di vivere in un paese in cui questo della danza ancora non è un lavoro preso sul serio. Dove si rinuncia ad un lavoro perchè le prove non sono pagate, perchè la situazione contributiva ci dice già che saremo un peso per la società e non una risorsa.
Ci si adatta, ci si reinventa, si è talmente tanto assorbiti dal dover portare a casa un risultato che le energie e le forti motivazioni del “non posso, ho danza!” si annacquano. Non è proprio il lavoro che mi ero immaginata. Questo non ha a che fare con infelicità o delusione ma solo di raccontare come sono andate le cose.
Per fortuna il progetto iniziale di vivere di danza non è stato abbandonato, come dico spesso quando incontro persone nuove che mi chiedono cosa faccio rispondo “ho la fortuna di...” ci sono tante persone che ho incontrato nel mio percorso artistico che hanno mollato. Hanno fatto bene, male, non c’è davvero giudizio da dare. Vorrei sapere solo come si sentono. Se si sentono come me, ma alla rovescia.
La magia della danza che amavo da bambina non c’è più. Ci sono altre cose, ci sono altri amori, c’è un corpo che spesso si sente consumato e chiede di non fare. C’è una passione contemplativa per il corpo in movimento, per le geometrie della natura.
Da grande il farò la ballerina. Questo era e questo rimarrà. Perchè l'idea romantica nonostante tutto è rimasta così, vive ancora e mi riempie di meraviglia. È l’unico desiderio infranto che resterà sempre intatto nella mia intimità, chiaro e forte “da grande farò la ballerina”.
Sono sicura che questo pensiero mi accomuna a molte altre persone, che siano oggi musicisti, avvocati, medici o scrittori. La proiezione dei sogni contro la realtà del quotidiano.
La verità è questa, eppure mi ritrovo instancabilmente a lavorare sull'amore. Tutti i giorni spero che un allievo si innamori di questo mestiere e decida di farlo. Qualcuno l'altro giorno in sala ha detto di me <<ecco, io vorrei muovermi come lei>>, io ho alzato la testa sorridendo e ho risposto: <<Ti ringrazio tanto per quello che hai detto, ma dovresti puntare più in alto.>>

Resta altro da dire ma certi segreti devono rimanere ancora un po’ lì, stretti nella gola. 


Se sognate di danzare nella vita, fatelo!

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