Vèronique Doisneau | Decostruzione di una favola


Un assolo che dura per sempre, un palco troppo grande, troppo vuoto, quello che ospita Véronique Doisneau, nome dell'opera e della protagonista della piéce di Jérôme Bel del 2004.
Una voce timida e opacizzata dalla fatica del corpo ci prende per mano e accompagna all'interno dell'Opera de Paris, creando una dicotomia tra lo sfarzo, la perfezione architettonica e l'imperfezione dell'umanità.
Véronique Doisneau sola sulla scena, nella sua ultima performance, arrivata, a 42 anni all’età del pensionamento, riconsidera la propria carriera di ballerina all’interno di una delle più temute istutuzioni della danza. 
Il solo Véronique Doisneau è un tributo ai danzatori del corpo di ballo, figure di minor rilievo, che hanno abbandonato il sogno di diventare etoile.
I suoi abiti raccontano molto della sua vita, una divisa senza tempo, una calza maglia per coprire le spalle, un tutù sgualcito e le scarpe da punta.
Si presenta, racconta della propria vita, i figli, la sua quotidianità, ciò che sfugge ad ogni spettatore davanti ad un corpo di ballo, troppo preso ad ammirare la bellezza e la potenza di un danzatore per poter invece pensare alla sua umanità.
Siamo abituati a vivere e pensare la danza come esperienza straordinaria, quasi "disumana". Il racconto spoglio di Véronique è una confidenza profonda, è l'intimo capace di sfiorare la sensibilità di un pubblico che è poco abituato a cercare la verità.

Canticchia una delle variazioni che preferisce, tratta dal terzo atto de "La Bayadère", la danza, come una bimba nella propria camera da letto. Respira a fatica, la voce trema. Non è facile accettare di vedere la danza in questo modo, spogliata di tutto il suo apparato musicale, costumistico e scenografico. 
Il solo Véronique Doisneau è la "confessione" di ciò che lei è, le lunghe pause, la necessità di bere dalla bottiglietta dell'acqua.
Racconta di sè, dei propri gusti a proposito di coreografia, di ciò che ha imparato da Merce Cunningham: danzare in silezio, ascoltare il ritmo dei danzatori.

Ci si perde in questo racconto, che con drammaticità racconta un mondo difficile, fatto di frustrazioni, forse di rimpianti, di fragilità. Confida le proprie debolezze, storie di un fisico non del tutto idoneo alla carriera di danzatrice, la frustrazione davanti alle gerarchie del teatro, un' ironia che ci racconta sogni infranti, la fatica di essere parte di un corpo di ballo che per necessità estetiche lascia immobili in una posa per minuti e minuti un'artista. Ci avete mai pensato? Il "Lago dei cigni" eseguito da una danzatrice "di fila", i lunghi minuti di immobilità, essere un "decoro umano" al servizio delle "star". Confida il suo bisogno di urlare, durante il secondo atto di uno degli spettacoli più famosi della storia.
Un grande esempio di come la macchina teatrale non sia nella realtà come appare. L'unica verità di cui sceglie di godere, Véronique, sono gli applausi del pubblico, la "sua parte preferita", dopo essersi inchinata più volte, raccoglie i suoi pochi oggetti di scena e lascia il palcoscenico. Forse per sempre.

Jérôme Bel ha compiuto un atto di estrema libertà, cercando di investigare da nuovi punti di vista alcuni aspetti della danza, che poi fanno parte del grande "magma" dell'esperienza umana, mostrando la natura dell'essere, che piaccia oppure no.

Se avete un po'di tempo (37minuti) da dedicare a voi stessi, non perdete questa occasione.

 

 

 





"Véronique Doisneau" ideazione Jérôme Bel con Véronique Doisneau estratti di coreografie di Jean Coralli & Jules Perrot, Marius Petipa, Merce Cunningham, Rudolf Nureyev.
Produzione film Opéra National de Paris – Telmondis 2005  (37’)
realizzazione film Pierre Dupouey e Jérôme Bel.


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