I 100 anni del "Sacre" mi commuovono ancora

Ammetto che forse sia quasi diventata una fissazione oppure forse è meglio definirlo il primo amore - sì proprio lui, quello che non si scorda mai, quello che ancora agita lo stomaco e giustifica quasi tutte le nostre scelte della vita. Io ho scelto la danza contemporanea perchè nel mio cammino ho incontrato quest'opera e l'ho danzata, grazie a Susanna Beltrami, che me l'ha fatta vivere più di una volta.

Il "Sacre du Printemps" riesce sempre a commuovermi, qualsiasi essa sia la sua versione; anche se ho le mie preferite, devo ammetterlo.
Questa settimana è stato il turno del "Sacre" di Sasha Waltz, l'ultima (fino a qui) grande coreografa che ha deciso di mettersi alla prova con questo mastodontico capolavoro musicale di Igor Stravinskij, che al suo tempo fu criticato, rifiutato...un vero e proprio "flop" quello del balletto presentato a Parigi per la prima volta con coreografie di Nijinskij nel 1913 - troppo all'avanguardia per un pubblico non preparato. 
Sasha lo fa! Dopo Bejart, dopo Pina.


Forse proprio per la sua contemporaneità il "Sacre" dei primi del '900 è giunto fino a noi e si è rivelato un delle opere più complesse e affascinanti di tutta la storia della musica e soprattutto della danza "nuova" che si stacca dalle regole classiche e si modernizza, cerca il proprio centro nell'uomo e non nell'estetica.
Ripercorrendo la storia del "Sacre" dal suo insuccesso ad oggi, deduco che la sua più grande fortuna sia proprio la sua carica rivoluzionaria della partitura musicale, che allo stesso è evocativa, che porta indietro nel tempo con il suo oboe iniziale e allo stesso tempo spinge avanti, obbliga alla scoperta. E' un rito che si ripete da SEMPRE e allo stesso tempo qualcosa di nuovo, come tutte le primavere.



Sasha Waltz per il centenario del "Sacre" riprende questo fondamentale pezzo di storia della danza e lo coreografa con il proprio gusto, lo stile, la divisione spaziale, l'uso del gruppo e la coesistenza di situazioni diverse nello spazio scenico. Il suo immancabile punto forte sono i costumi e le relazioni tra i danzatori, le leve e il partnering.
Per la prima volta gli uomini (unici protagonisti nella versione di Bejart) e le donne si baciano e si spogliano, danno sfogo alle proprie pulsioni rendendo giustizia finalmente - dal mio punto di vista - alla grande carica erotica di questo rito sacrificale pagano nella Russia antica all'inizio della primavera, nel quale un'adolescente veniva scelta per ballare fino alla morte con lo scopo di propiziare la benevolenza degli dei in vista della nuova stagione in arrivo.

Ritmi, cadute, corpi che fremono e balzano, che si cercano e scappano, corpi impauriti e tesi. La magia del "Sacre" si ripete ogni volta, mi lascia senza fiato e senza forze, stremata, nei suoi brevissimi 35 minuti tutta la natura e l'essere umano è lì, nel pieno della sua verità, "al di là del bene e del male" come scrisse qualcuno.

Cosa dire, forse sarò una rivoluzionaria/tradizionalista, affezionata a ciò che meglio conosco, ma quando mi perdo un po' in questo confuso mondo della danza contemporanea che spesso mi sembra sia ricaduto nella trappola delle estetiche proprio quando desidera ardentemente essere anti-estetico, io riparto da qui. Perchè, secondo me, la danza prima di tutto è un rito che deve ripetersi dentro di noi: è un miracolo, come ogni primavera.



Il link della versione integrale su Youtube è QUI.

Commenti

  1. Complimenti per l'articolo e per il blog. Ma vedo che non viene aggiornato da un po'....! Ritornerò a leggere di tanto in tanto.

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