Ieri è andata in scena per la prima volta la mia nuova performance "In(te)rna(me)nte // Io. Noi. VoiTutti" ispirata al libro di Paolo Cognetti "Sofia si veste sempre di nero".
Mi sento ancora carica di tutti i sentimenti provati durante l'esecuzione: rabbia, gioia, leggerezza, sofferenza, frenesia. Ringrazio le persone che si sono messe a disposizione per fare le comparse e rendere questa esperienza di sorprendente impatto, facendo sorridere il pubblico e...anche me!
Qui di seguito la presentazione dell'assolo:
Le performance itineranti e in spazi aperti costringono a riflettere sul rapporto tra l'artista e il pubblico, il dentro e il fuori, lo spazio scenico e la città.
Tutta la nostra esistenza è fatta di comunicazione; monologhi e dialoghi tra ciò che abbiamo dentro e la vita che ci circonda. Il corpo è il tramite con cui agiamo. Muoversi nello spazio esterno, secondo passi, movenze, ritmi codificati, altro non è che trasmissione del proprio paesaggio interiore.
La danza, grazie alla sua stretta ed imprescindibile connessione tra corpo e mente,
racconta molto di umano ed è, ad un tempo, arcaica e moderna, carnale e spirituale, Io ed Es, Eros e Thanatos, Zenith e Nadir. Il tutto inteso come ampia e variegata espressione di una cultura umana che trova la sua ragione d'essere nella relazione tra l'interiorità del danzatore e la collettività.
In una Babele senza tempo e senza luogo l'assolo si concentra sulla confusione, la
complessità e l'alternanza tra fuori e dentro, rapporto con lo spettatore, silenzio e frastuono.
<<Sapete qual'è il contrario della strada?>> Chiede a tavola, sbocconcellando spaghetti
riscaldati in padella.
<<Non so, la piazza?>> propone Irene.
<<No, la casa. Pensaci. Una casa divide il mondo in due soli spazi, un dentro e un fuori.
Se sei dentro non sei fuori, e viceversa. Ma è possibile che non riusciamo farne a meno? Che dobbiamo passare la vita a rinchiuderci in una scatola dopo l'altra?>>
<<Bè, mica devi per forza rinchiuderti>>, interviene Caterina con un moto di
insofferenza. <<Ci puoi anche solo abitare, o sbaglio?!>>
<<Certo, certo. Abitare, abito, abitudine. E' tutta roba che ci mettiamo addosso, tutti i
nostri strati protettivi>>.
(tratto da “Sofia si veste sempre di nero” Paolo Cognetti – 2012)
Musiche: Erik Truffaz/Murcof, Maïa Vidal & Marc Ribot, The Smiths, Bau, Aretha Franklin, Flying Lotus.
Mi sento ancora carica di tutti i sentimenti provati durante l'esecuzione: rabbia, gioia, leggerezza, sofferenza, frenesia. Ringrazio le persone che si sono messe a disposizione per fare le comparse e rendere questa esperienza di sorprendente impatto, facendo sorridere il pubblico e...anche me!
Qui di seguito la presentazione dell'assolo:
Le performance itineranti e in spazi aperti costringono a riflettere sul rapporto tra l'artista e il pubblico, il dentro e il fuori, lo spazio scenico e la città.
Tutta la nostra esistenza è fatta di comunicazione; monologhi e dialoghi tra ciò che abbiamo dentro e la vita che ci circonda. Il corpo è il tramite con cui agiamo. Muoversi nello spazio esterno, secondo passi, movenze, ritmi codificati, altro non è che trasmissione del proprio paesaggio interiore.
La danza, grazie alla sua stretta ed imprescindibile connessione tra corpo e mente,
racconta molto di umano ed è, ad un tempo, arcaica e moderna, carnale e spirituale, Io ed Es, Eros e Thanatos, Zenith e Nadir. Il tutto inteso come ampia e variegata espressione di una cultura umana che trova la sua ragione d'essere nella relazione tra l'interiorità del danzatore e la collettività.
In una Babele senza tempo e senza luogo l'assolo si concentra sulla confusione, la
complessità e l'alternanza tra fuori e dentro, rapporto con lo spettatore, silenzio e frastuono.
<<Sapete qual'è il contrario della strada?>> Chiede a tavola, sbocconcellando spaghetti
riscaldati in padella.
<<Non so, la piazza?>> propone Irene.
<<No, la casa. Pensaci. Una casa divide il mondo in due soli spazi, un dentro e un fuori.
Se sei dentro non sei fuori, e viceversa. Ma è possibile che non riusciamo farne a meno? Che dobbiamo passare la vita a rinchiuderci in una scatola dopo l'altra?>>
<<Bè, mica devi per forza rinchiuderti>>, interviene Caterina con un moto di
insofferenza. <<Ci puoi anche solo abitare, o sbaglio?!>>
<<Certo, certo. Abitare, abito, abitudine. E' tutta roba che ci mettiamo addosso, tutti i
nostri strati protettivi>>.
(tratto da “Sofia si veste sempre di nero” Paolo Cognetti – 2012)
Musiche: Erik Truffaz/Murcof, Maïa Vidal & Marc Ribot, The Smiths, Bau, Aretha Franklin, Flying Lotus.
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